Caravaggio, il pellegrinaggio regionale dei preti anziani e malati
Giornata di fraternità sacerdotale per esprimere affetto a vicinanza a quei sacerdoti che devono fare i conti con l’età che avanza, insieme anche a qualche acciacco. In questo spirito si è rinnovato anche quest’anno, presso il Santuario di Caravaggio, il pellegrinaggio regionale dei sacerdoti anziani e malati delle diocesi lombarde. L’evento si è svolto nella mattinata di giovedì 20 settembre alla presenza dei vescovi lombardi , impegnati proprio a Caravaggio nella periodica riunione della Conferenza episcopale lombarda. Un vero e proprio incontro di amicizia e preghiera dei sacerdoti anziani e ammalati insieme ai propri vescovi, occasione per favorire una sempre piena comunione tra tutti i presbiteri con i propri pastori e confratelli.
L’incontro, aperto non solo ai preti diocesani, ma anche ai sacerdoti appartenenti alle famiglie religiose operanti sul territorio lombardo o ospiti di case di riposo, si è stato organizzato dall’Unitalsi Lombarda, che ha garantito il necessario supporto logistico, sia nei trasporti che nell’accoglienza.
Per tutti l’appuntamento è stato presso il Centro di spiritualità del Santuario di S. Maria del Fonte, da dove alle 11.30 è partita la processione verso la basilica recitando il Rosario. Dietro alla croce i sacerdoti sulle carrozzine, spinte dai volontari, seguite dagli altri presbiteri, chi completamente autonomo chi meno. A chiudere il lungo corteo i vescovi lombardi e lo staff dell’Unitalsi con il presidente regionale Vittore De Carli.
Cuore della giornata è stata quindi la celebrazione eucaristica, introdotta dal saluto del vescovo Antonio Napolioni che, affiancato dal nuovo rettore del Santuario, mons. Amedeo Ferrari, ha ricordando le parole dell’arcivescovo comasco Franco Festorazzi (dal 1991 al 2004 vescovo di Ancona Osimo): “Siamo una Chiesa umile in un mondo fragile”.
La riflessione dell’arcivescovo di Milano e metropolita di Lombardia, mons. Mario Delpini, a partire dal Magnificat proclamato nel Vangelo. Una parola pregata tante volte, nella vita di un prete, ma che di giorno in giorno assume sempre nuova luce. Un cambiamento che, con il passare degli anni, riguarda anche la vita stessa del prete. “In quale parola si può riassumere tutta la nostra vita da prete, con tutti i nostri incontri, le fatiche e le feste, le lacrime e le gioie del nostro vivere da preti?”, ha proseguito l’Arcivescovo leggendo in modo particolare il passaggio “L’anima mia magnifica il signore”. “Alla fine della vita – ha aggiunto – non abbiamo altro che lodare il Signore: Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.
“Anche noi cambiamo mano mano che la Parola ci raggiunge, anche noi sentiamo che la potenza di Dio opera in noi e ci fa diventare persone nuove, che fanno scoperte sorprendenti, che vedono entrare la gloria di Dio nella storia umana, anche nella storia di una umanità malata e che sperimenta gli acciacchi della vecchiaia”. Non solo una questione di mutamente fisico: una vera evoluzione spirituale.
“Un aspetto della spiritualità cristiana che siamo chiamati a coltivare e che vorrei raccomandare è quell’aspetto per cui lo Spirito Santo trasforma le situazioni in occasioni”.
E ha concluso: “Se uno dovesse dire come è cambiato in questi anni di ministero sarebbe bello che potesse dire: sono felice, perché ho creduto”.
Al termine della Messa, prima dell’omaggio dei Vescovi davanti al Sacro Speco, le parole di saluto di mons. Roberto Busti, assistente ecclesiastico dell’Unitalsi.
L’incontro si è quindi concluso presso il Centro di spiritualità del Santuario con un momento di condivisione fraterna in occasione del pranzo, preparato dai “furgonieri” una decina di volontari dell’Unitalsi che con passione e professionalità hanno dato alla giornata un tocco di alta cucina.