L’Unitalsi Lombarda in videoconferenza con S.E. Mons. Pierantonio Tremolada, Vescovo di Brescia
“Non doveva il Cristo sopportare queste sofferenze per entrare nella sua gloria?
Sintesi di Silvano Sala
L’assistente regionale mons. Roberto Busti presenta con parole adeguate la figura di monsignor Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia, il 23 maggio relatore nel ciclo delle videoconferenze unitalsiane. Lo ritrae come ‘antico’ ausiliare particolarmente attento della diocesi di Milano ed eleva una preghiera al Signore perché lo guidi e lo sostenga in questo tempo di pandemia. Nel riconoscere la sua competenza nel proferire la parola di Dio (“sarà parola incarnata, la sua”), ricorda altresì i momenti lontani e le esperienze condivise. La coordinatrice Graziella Moschino informa il relatore su come ‘funziona’ il collegamento, mentre il presidente regionale Vittore De Carli lo ringrazia per il suo contributo al “percorso di spiritualità” intrapreso dall’Unitalsi e saluta anche tutti i sacerdoti e diaconi oggi collegati.
Esprimendo gratitudine per l’accoglienza ricevuta, mons. Pierantonio Tremolada espone la sua proposta per condividere la parola di Dio in quella che ritiene sia una “bella esperienza all’interno della Chiesa”. Si sofferma anzitutto su ciò in cui consiste la parola di Dio. “E’ Dio che ci parla, si manifesta, entra in contatto con noi”. Qui fa un necessario distinguo fra parlare e chiacchierare. Quando Dio ci parla, e lo fa attraverso le Scritture, la ‘Parola’ acquista massima serietà. “Dio ha voluto parlarci per intrattenere con noi una relazione profonda”. L’ascolto della parola di Dio (dal Figlio suo) pone chi lo fa nella possibilità di incontrarlo. Chi poi si pone nell’ambito dell’Antico Testamento vive un’esperienza assai elevata. (…) Io, dice il relatore che indugia sulla sua avventura umana, ho vissuto un’esperienza bella a Lourdes con voi; vengo da un’esperienza di studio della Parola e da esperienze pastorali molto belle. L’esperienza spirituale possiamo trarla dalla lettura delle Sacre Scritture”. Nel tempo che stiamo vivendo, siamo alla vigilia dell’Ascensione. E il vescovo si chiede: “Cos’è l’ascensione di Cristo, in che senso è asceso al cielo?” Una chiave di lettura la possiamo trovare in una frase che Gesù (da loro non riconosciuto) rivolge ai due discepoli, avendoli visti tristi e disorientati, sulla strada di Emmaus: ‘Non doveva il Cristo sopportare queste sofferenze per entrare nella sua gloria?’ Quindi la Gloria è “condizione indispensabile” per vivere la sua Passione, dove “patire è un modo diverso di soffrire”.
Dice mons. Tremolada: “La parola Ascensione deve essere affiancata dalla parola gloria”. E continua: “Io mi ero fatto l’opinione che Gesù, con l’Ascensione, se ne fosse andato. Ma non è così”. D’altra parte, dell’Ascensione parla solo Luca al termine del suo Vangelo: “Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo (…) “ e nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli: “ (…) dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo”. Tuttavia l’ascesa al cielo (inteso come “mondo di Dio”) di Gesù non significa affatto che Egli se ne sia andato. Il Vangelo di Matteo, nel finale, riporta le parole di Gesù agli apostoli, in Galilea: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra (…) Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. I testi evangelici sembrano sostenere versioni opposte. “Ma è concepibile la terra senza il cielo? Evidentemente no”.
Il vescovo poi riprende “Patirà e risorgerà dai morti” con “una testimonianza offerta a tutti i popoli per la conversione e il perdono dei peccati” (‘Io mando su di voi il perdono che ho promesso’). Ma poi così trasmette loro: ‘Rimanete in città finché non sarete rivestiti di una potenza che viene dall’alto’. Quindi Gesù raccomanda agli apostoli di non allontanarsi da Gerusalemme. E aggiunge: ‘Giovanni vi ha battezzato con acqua, ma io vi battezzo in Spirito Santo’. Sottolinea mons. Tremolada che, nel II capitolo degli Atti degli Apostoli, si narra della discesa dello Spirito Santo: la Pentecoste (già celebrata dagli ebrei che, con essa, intendevano ringraziare il Dio dell’alleanza per il dono della ‘legge’). La Pentecoste è momento estremamente importante: ‘Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento (…) Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro (…)” Ecco che sugli apostoli scende lo Spirito Santo ed essi, tra lo stupore dei contemporanei che pensano si siano ubriacati, incominciano ad esprimersi in tutte le lingue. “Ecco che la Pentecoste viene presentata come l’effusione di una potenza. Erano semplici pescatori ed ora parlano lingue diverse dalla loro. Non sono ubriachi: è successo qualcosa”, (…) Hanno ricevuto lo Spirito Santo perché Gesù è salito al cielo ed è stato innalzato alla destra del trono di Dio. Così il salmo 110: dice il mio Signore (Dio) al mio Signore (Messia): ‘siedi alla mia destra’. “Questo potere universale lo si esercita attraverso lo Spirito Santo (…) E’ una gloria che è anche sovranità totale sull’umanità”. Il vescovo porta l’esempio dell’aereo su cui viaggiamo: quando s’innalza, sotto di noi l’orizzonte si allarga. Ma Lui si eleva per esercitare adeguatamente il potere. “Dio esercita la sua onnipotenza lungo la storia con la totalità della sua potenza”. (…) La potenza dello Spirito Santo porta il perdono dei peccati che produrrà, come frutto, la conversione. Essa, secondo la luce datale dalle Sacre Scritture, significa ‘volgersi’ , prendere la strada giusta e lasciare quella sbagliata su cui si sta camminando. “Cambiare cuore e mente, modo di vivere e di pensare, l’interpretazione delle cose. Cambiare direzione, se si pensa ad azioni sbagliate”. D’altronde la conversione esige l’intervento di un Altro: Dio stesso che ‘rigenera’. Giovanni parla di ‘rinascere’. Il relatore aggiunge che la penitenza è indispensabile, ma non coincide con la conversione.
Le Scritture poi parlano di peccato al singolare: il peccato.”Significa sbagliare il bersaglio, non colpirlo con la freccia scoccata dall’arco: questo avviene quando s’imposta la vita in modo sbagliato. Si sbaglia mira. Allora è necessario riportare nell’asse giusto quello che è il percorso della vita”. Mons. Tremolada accenna alla ‘tensione’, cioè la capacità di essere veramente se stessi. “Negli Atti si definisce il Cristianesimo e il suo percorso come ‘la via’ (giusta) che conduce a Dio, nella quale trovare la salvezza e la pace (…) La potenza dello Spirito Santo ci orienta verso Dio e la pace: cioè ci convertirà”. In altre parole, commenta il vescovo, si cambia stile di vita. Tutto questo, naturalmente, esige un ‘combattimento’ nella vera libertà e si ‘salirà la montagna del Signore’, come dice il salmo.
Il Vangelo di Luca, d’altra parte, esprime anche il modo con cui facciamo l’esperienza di conversione che coincide con la volontà di Dio. “Quando parliamo di potenza sappiamo che essa si manifesta nell’ordigno nucleare, nel terremoto, nell’uragano, ecc., si afferma che gli Stati Uniti siano la nazione economicamente, ma anche militarmente, più potente del mondo. Pensiamo allora allo Spirito Santo, la cui potenza è capace di cambiare il mondo. A Cristo, poiché ha accettato di salire sulla Croce con la potenza dell’Amore: la più grande, perché trasforma tutti. E Cristo l’ha trovata non solo nella morte, ma già nel corso del ministero terreno”. Al cap. 5 del Vangelo lucano il lebbroso osa avvicinarsi a Gesù: ‘Signore, se vuoi puoi guarirmi’. Ed è sanato. Agisce la misericordia, intrecciata con la potenza, con la bontà, con l’amore. Sempre Luca, al cap. 7, risuscita il figlio della vedova di Naim. “Con una potenza che non viene dagli uomini, asciuga le lacrime della madre e ridà la vita al figlio. Questo è riconducibile alla bontà”. Poi veniamo alla parabola del ‘figliol prodigo’. Il padre misericordioso dà il suo perdono anche se ha tutto sperperato, perché rimane sempre figlio suo. “E’ un comportamento realmente paterno, che sa tutto perdonare”.
Il vescovo si porta verso la conclusione. L’amore divino si è manifestato alla morte di Gesù, dove è esploso nella sua potenza. Ma è la gloria la caratteristica primaria della Trinità. L’amore che caratterizza i Tre non distrugge la singolarità, ma unisce le Persone e ne evidenzia la gloria: splendore dell’esperienza dell’amore. Infine si arriva alla santità: Cristo entra nella sua gloria e ci rende partecipi, facendoci fare esperienze. “Dentro l’amore di Dio c’è una testimonianza di bellezza. La vita, convertendoci, prende la forma della santità che è la gloria di Dio che si manifesta”. L’essenza della gloria, lo troviamo sempre in Luca al cap. VI, è la Carità. La vediamo espressa anche nelle ultime parole dell’episodio del buon samaritano: ‘Va’ e anche tu fa lo stesso’. “In questa prospettiva”, conclude il vescovo, “si colloca l’Unitalsi”.
La coordinatrice Graziella Moschino, confidando che ha visto aprirsi nuovi orizzonti, accomuna in un ringraziamento collettivo i relatori che fin qui si sono succeduti. Il presidente regionale Vittore De Carli si dichiara felice per aver beneficiato, con tutti gli unitalsiani collegati, di un pomeriggio di crescita ed esprime a mons. Pierantonio Tremolada la gratitudine del Consiglio e propria, estesa a Graziella e Franco che da quasi due mesi ci ospitano. L’assistente regionale mons. Busti, come velata conquista, rileva che “la potenza misericordiosa del Signore” è anche in lui e lascia al vescovo relatore il gesto finale della benedizione a tutti i collegati.