«Siate una benedizione per chi vi incontra». Il diario del pellegrinaggio della diocesi di Milano a Lourdes con l’arcivescovo Delpini
Lorenzo Rosoli, inviato di «Avvenire» a Lourdes
«Siate sempre persuasi che la vostra vita è benedetta da Dio e siate, per chi vi incontra, una benedizione». Sono le parole che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha consegnato ai 2.300 ambrosiani al termine del pellegrinaggio diocesano a Lourdes. Parole affidate ai fedeli delle parrocchie, ai pellegrini ammalati e disabili, ai volontari del Cvs, dell’Oftal, dell’Unitalsi, che si sono presi cura di loro, domenica 16 settembre all’Angelus. Ultimo giorno nella città di Bernadette Soubirous, per l’arcivescovo, mentre la gran parte dei pellegrini è rimasta fino a martedì 18.
Giorni intensi nel segno della condivisione. Eucaristia, Parola di Dio, preghiera comunitaria e personale. E solidarietà: con operatori e volontari – non pochi, i giovani – ad affiancare e servire i pellegrini «fragili». Gli uni per gli altri, benedizione e dono. Com’è sempre, nei pellegrinaggi a Lourdes. Com’è stato anche stavolta, in questo primo pellegrinaggio della diocesi di Milano guidato dall’arcivescovo Delpini e contrassegnato da due anniversari: nel 160° delle apparizioni alla Grotta di Massabielle, i sessant’anni dal pellegrinaggio che, nel giugno del 1958, l’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini – futuro Papa col nome di Paolo VI; prossimo santo, in virtù della canonizzazione della prossima domenica 14 ottobre – guidò a Lourdes quale rendimento di grazie per la storica Missione cittadina dell’anno precedente.
Le vesti di Montini, la Croce del Sinodo «Chiesa dalle genti»
In quell’occasione Montini donò al Santuario francese le vesti liturgiche che da allora indossano sempre i pastori ambrosiani in visita a Lourdes. Così ha fatto anche Delpini, nelle celebrazioni di questo pellegrinaggio accompagnato, ad ogni tappa, dalla Croce del Sinodo minore diocesano «Chiesa dalle genti» ormai prossimo alla conclusione e per il cui felice esito si è pregato. Ed è nella luce e nella compagnia del Crocifisso che – venerdì 14 settembre, Esaltazione della Croce – si è aperto il pellegrinaggio. Con l’arcivescovo a ricordare, nell’omelia della Messa nella Basilica San Pio X, che «la tenerezza di Dio non è una cura palliativa, non è il sollievo di un gesto di compassione, ma la rivelazione di un nome che salva: Gesù Cristo è Signore». È nel suo nome che gli uomini si scoprono «figli amati, chiamati alla vita». Si scoprono fratelli.
«Nella Chiesa di Dio, popolo in cammino, non ci sono stranieri»
Ecco, dunque, che «nella Chiesa di Dio non ci sono stranieri, non ci sono “noi” e “gli altri”. Le differenze non dividono, tutti si riconoscono fratelli e sorelle, tutte le tradizioni culturali della terra sono invitate ad essere un cuore solo e un’anima sola. Così la comunità dei credenti, i quali hanno un solo criterio: ascoltare Gesù», ha affermato Delpini sabato 15 settembre, giorno che la Chiesa dedica alla Beata Vergine Addolorata, nella Messa alla Grotta. È ai piedi del Cristo Crocifisso, dove Maria e Giovanni, nel reciproco affidamento, ascoltano e obbediscono alla parola di Gesù, che «nasce la Chiesa, la comunità nuova», che «dei due fa un popolo solo». È la comunità «mandata per portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà agli schiavi», ha detto Delpini. Un «popolo in cammino» che «non cerca potere e prestigio, non vuole essere riverito: noi siamo mandati per servire, farci carico del soffrire, diffondere la gioia. Come Gesù, che è venuto non per essere servito ma per servire», ha ricordato l’arcivescovo, davanti ai pellegrini malati, anziani, disabili, e ai loro «samaritani».
Inoltre: la Chiesa «è la comunità che sperimenta che la croce non è un’obiezione all’amore di Dio, ma una via per impararlo». Di fronte alla prova destabilizzante della malattia, della sofferenza, dell’ingiustizia, è istintivo sentirsi abbandonati da Dio o immaginare un Dio distante, o crudele. In realtà: «Il vero volto di Dio non è quello di una divinità lontana e indifferente. È quell’uomo crocifisso, insultato, rifiutato, il vero volto di Dio. È il Figlio crocifisso l’ultima rivelazione di Dio, la sua presenza più persuasiva, a dirci che Dio è amore. Per tutti».
Fra liturgia e servizio quotidiano ai pellegrini «fragili»
Quale sia la via, quali le esigenze, della sequela, lo ha chiarito Delpini domenica 16, presiedendo nella Basilica San Pio X – capace di 25mila persone egremita, quella mattina – la Messa internazionale, concelebrata dal vescovo ausiliare di Milano Erminio De Scalzi, dall’ausiliare emerito Marco Ferrari, dal vescovo emerito di Mantova Roberto Busti, assistente dell’Unitalsi Lombarda, da alcuni vescovi di altri Paesi e da un centinaio di sacerdoti. Delpini ha impostato la sua omelia come un dialogo fra il Signore e i discepoli. «Se venite dietro a me dovrete seguire il mio esempio, essere servi gli uni degli altri, amare tutti fino a dare la vita per gli altri, fino a morire», dice Gesù. «Noi vogliamo venire dietro a te: solo con te c’è la gioia, c’è la pace, c’è la speranza di vita eterna», è la risposta dei discepoli. Una risposta affidata a tutti i pellegrini, sia i sani, sia i malati, sia quanti si prendono cura di loro. Parole che hanno preso voce, volto, carne, nella miriade di gesti di servizio e di fraternità che costellano la quotidianità, e visibile, e nascosta, di ogni pellegrinaggio.
Così le giornate dell’arcivescovo. Scandite non solo dalle Messe e dalle processioni, ma anche da momenti di visita e di incontro. Come quello con l’équipe del Bureau des Constatations Médicales di Lourdes e col suo presidente, l’italiano Alessandro De Franciscis – dove Delpini ha lasciato la sua firma sul “libro d’oro”, mentre gli venivano mostrate le firme di santi ospiti come l’ambrosiana Gianna Beretta Molla.
La casa di accoglienza a Milano? «Un sogno ispirato da Dio»
Altre visite, vissute in un clima di commozione e gioia palpabili, quelle alle strutture nelle quali Cvs, Oftal eUnitalsi accolgono a Lourdes i pellegrini «fragili». Momenti di incontro, parole di saluto e di benedizione. E tante foto ricordo, rito al quale l’arcivescovo, sorridente e cordiale, non si è mai sottratto. Sono luoghi del farsi prossimo, questi. Come la casa d’accoglienza per i familiari di bambini ricoverati negli ospedali di Milano che il presidente di Unitali Lombarda, Vittore De Carli, sogna di realizzare, e di intitolare ad un grande, indimenticato amico e volontario dell’associazione, Fabrizio Frizzi. «Un sogno ispirato da Dio», lo ha definito Delpini, intervenendo – proprio a Lourdes, sabato 15 – alla presentazione del libro di De Carli «Dal buio alla luce con la forza della preghiera» (Libreria editrice vaticana), i cui proventi vanno alla realizzazione di quel sogno. «Per quanto mi è possibile, cercherò, come diocesi, di sostenere l’iniziativa. Milano è centro di eccellenza della medicina, richiama ammalati da fuori, ma non ha un’adeguata capacità di ospitare i loro familiari», ha riconosciuto l’arcivescovo.
Nel libro De Carli racconta l’esperienza, dolorosa e luminosa insieme, della malattia che lo ha colpito – culminata nei 47 giorni di coma – e del cammino verso la guarigione. «La malattia può isolare, scrive Vittore. Nel suo caso la malattia sa convocare, e generare solidarietà», ha affermato monsignor Dario Viganò, assessore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenendo – dopo l’arcivescovo – all’incontro di presentazione del libro moderato da Graziella Moschino, vicepresidente Unitalsi Lombarda. «Senza preghiera, noi siamo senza Dio. E senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri», ha detto a sua volta il vescovo Busti, citando Madre Teresa di Calcutta. Infine De Carli: a testimoniare come l’esperienza della malattia gli abbia confermato il ruolo decisivo dei familiari e degli amici nel cammino di guarigione, ma gli abbia mostrato una volta di più le difficoltà che i familiari spesso incontrano per stare vicini ai loro cari. Ecco, dunque, l’idea della casa che si vuole aprire a Milano. Un sogno che ha bisogno di essere sognato da molti – dal «popolo» dell’Unitalsi, in primis – per diventare realtà. Benedizione che renda Milano ancora più accogliente.