L’Arcivescovo all’Unitalsi: «Creare un ritmo del tempo che qualifichi le giornate»
[Fonte: www.chiesadimilano.it]
L’Arcivescovo all’Unitalsi: «Creare un ritmo del tempo che qualifichi le giornate»
Nel Tempo pasquale gli esercizi spirituali di monsignor Delpini per l’associazione lombarda
È stata una catechesi magistrale quella di sabato 25 aprile, con mons. Mario Delpini, per l’incontro settimanale organizzato dall’Unitalsi lombarda in questo periodo pasquale, aperto a tutti, per trascorrere un pomeriggio insieme anche in questo tempo in cui siamo costretti a casa.
L’Arcivescovo ha proposto tre esercizi.
Il primo: preparare il risotto alla monzese o alla milanese, come ognuno preferisce. Il tema spirituale è quindi preparare il risotto. Qualcosa che dobbiamo fare per forza, un dovere a volte noioso, ma lo si fa perché sappiamo che qualcuno sta aspettando quel piatto. Se si ripercorrono le varie fasi della preparazione può diventare un esercizio spirituale.
Il secondo esercizio spirituale si intitola: Sei qui? Sono con te. Il tema è quello della presenza.
Mentre il terzo esercizio spirituale è quello dell’orologio.
Il tempo, inteso come durata, ci può logorare, è come una corrente che trascina via, ma c’è un altro modo di interpretare il tempo, ovvero considerarlo come una serie di occasioni. L’esercizio spirituale dell’orologio appartiene a chi dà una regola alla sua giornata per impedire che i giorni passino senza aver concluso nulla.
Nel video uno stralcio di questo ultimo esercizio spirituale.
Versione integrale dell’articolo:
Di Graziella Moschino
È stata una catechesi magistrale quella di sabato 25 aprile, con Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, per l’incontro settimanale organizzato dall’Unitalsi lombarda in questo periodo pasquale, aperto a tutti, per trascorrere un pomeriggio insieme anche in questo tempo in cui siamo costretti a casa.
Mons. Delpini ha proposto tre esercizi.
Il primo: preparare il risotto alla monzese o alla milanese, come ognuno preferisce.
Il tema spirituale è quindi preparare il risotto. Qualcosa che dobbiamo fare per forza, un dovere a volte noioso, ma lo si fa perché sappiamo che qualcuno sta aspettando quel piatto. Se si ripercorrono le varie fasi della preparazione può diventare un esercizio spirituale.
Non è solo dar da mangiare agli affamati, ma è anche preparare un momento festoso, rassicurante e familiare del trovarsi insieme.
Il risotto non è solo perché qualcuno ha fame e devo prepararlo perché è compito mio, ma può essere visto come l’occasione per stare insieme: piangere, confidarsi, parlarsi. Mentre lo preparo penso a una persona concreta che magari quel giorno è un po’ giù di morale, è arrabbiata e allora se faccio un risotto, che piace a questa persona, la farò sentire importante. Posso essere anche erede di una tradizione, questo modo di cucinare deriva da qualcuno che mi ha educato a farlo, ha una storia. Quello che oggi fa contenti i miei familiari arriva da una storia ed è un’eredità. Magari qualcuno lo preparerà un giorno per me. Sono grato a mia nonna perché mi ha insegnato questa ricetta speciale e sono grato a tutti coloro che negli anni si sono occupati di me. La riconoscenza fa parte di questo esercizio spirituale.
E poi questo riso l’ho comprato dal contadino, qualcuno ha lavorato per me, questo lavoro particolare di coltivare il riso è un invito alla contemplazione dell’uomo in questo giardino che Dio ha creato per noi. Il riso ha bisogno di una cura particolare e chi lo coltiva sa che la sua fatica sarà premiata. Il rapporto dell’uomo con la terra, in questo caso, non si interessa delle cose, ma fa di questa opera, che trasforma i frutti della terra, un qualcosa a disposizione di qualcuno. Le cose non sono soltanto quantità, oggetto, ma sono un segno. Guardando i chicchi di riso che metto nelle pentola per fare il risotto guardo un segno. Mi ricorda quello che la terra produce per me, tutto ciò è un messaggio d’amore. Preparare il risotto significa che qualsiasi gesto faticoso io faccia posso farlo come adempimento oppure come esercizio spirituale che ci insegna a vivere i rapporti tra noi e la nostra terra.
Il secondo esercizio spirituale si intitola: Sei qui? Sono con te. Il tema è quello della presenza.
Il modo di essere presenti è molto diverso. Un modo è la presenza fisica, qualcuno che si vede, che si può imboccare se ha bisogno, dare un bacio, una carezza, ascoltare la sua storia. A volte c’è anche chi è lì con noi ma pensa a altro, a volte chi è con te è arrabbiato e non vuole parlarti. Una sorta di maschera, in realtà tu senti che non ha voglia di essere lì.
Poi c’è la presenza della memoria, mi ricordo di te. Può esserci una foto che io guardo e mi ricorda qualcuno con il quale ho condiviso esperienze e momenti.
La presenza psicologica, invece, vuol dire che penso a te, sono in ansia per te, desidero incontrarti, vorrei essere lì. È una presenza affettiva, di cuore, fatta di interiorità che ti accoglie anche se tu non ci sei.
La presenza mediatica, virtuale è una presenza fisica, io vedo voi, vi ascolto e voi vedete me e mi sentite. Ma non posso abbracciarvi, baciarvi, sentire il cuore che batte, il profumo che avete messo questa mattina. Non è una presenza complessiva, è un po’ evanescente.
L’esercizio spirituale della presenza è la “presenza reale”. Gesù è realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Questa è una presenza che supera tutte le altre. Gesù è veramente presente perché è dentro la nostra vita, è lo Spirito Santo che lo rende presente perché diventiamo un cuor solo e un’anima sola. Noi formiamo una cosa sola con Lui per potenza dello spirito Santo. Noi possiamo portare avanti questa unione pregando tutti insieme: io prego per te e tu per me e così via. In questo tempo in casa noi possiamo essere realmente presenti se passiamo attraverso lo Spirito Santo, attraverso Gesù per diventare una cosa sola.
Pregare insieme per diventare un cuor solo e un’anima sola.
Il terzo esercizio spirituale è quello dell’orologio. Il tempo è una durata, una corrente che ci trascina. Siamo vittime del tempo, il tempo come durata ci può logorare, stancare, ma non lo possiamo fermare. Il tempo vissuto così è come trovarsi su una barchetta e lasciarsi trascinare dalla corrente. Il tempo può essere considerato come una serie di occasioni, di eventi, ma rischia di essere una serie di cose, una diversa dall’altra. Ogni giorno può essere un’occasione per far del bene o del male, dipende dalle nostre scelte. Un’occasione per fare del bene o del male, dipende da noi e da come vogliamo viverla.
Il tempo come orologio vuol dire voler dare una scansione con un ordine ben preciso, dare una regola alla giornata senza correre il rischio di sprecare il tempo. L’esercizio spirituale dell’orologio è quello che mi fa capire che ogni cosa ha un suo tempo, è una libertà di fare scelte proprie per poter qualificare le proprie giornate. Il tempo come ritmo per il cuore, l’anima, il bene. È fare una serie di cose per evitare che il tempo ci trascini via, come una corrente che ci fa invecchiare senza senso. Un ordine della vita che permette di mettere a frutto il tempo.
Proviamo a sperimentare i tre esercizi spirituali: fare il risotto, cercare di costruire una presenza “reale, l’orologio per dare un ordine alla vita e trovare il tempo per fare del bene.