L’Unitalsi Lombarda in videoconferenza con S.E. Mons. Maurizio Malvestiti, Vescovo di Lodi
“Con Maria, nostra speranza, avvicinare le ferite umane a quelle del risorto”
sintesi di Silvano Sala
Introdotto da brevi parole del presidente regionale Vittore De Carli, che ringrazia il relatore intervenuto per la serenità che reca con sé (e segnala altresì la presenza del presidente di Lodi in un momento difficile per la sua terra), monsignor Maurizio Malvestiti saluta “gli amici dell’Unitalsi” e chiede con un sorriso a loro, che hanno portato tanta pazienza nelle attuali contingenze sanitarie, di “portarne un po’ di più”.
“Siamo nella gioia pasquale”, dice, e questo lo fa sentire in comunione col nostro assistente regionale monsignor Busti e con tutti i vescovi lombardi. A noi cristiani, prosegue, il compito di recitare le parole del Padre Nostro fin là dove si chiede ‘dacci oggi il nostro pane quotidiano’, per acconsentire a continuare la nostra testimonianza. E poi è necessario l’intervento di Maria, “che ha una fede giovane”, per “consegnare la sofferenza umana ai giovani” che possiedono la fede dei forti. Ecco allora che facciamo i nostri passi verso la Pentecoste. Ci apriamo quindi ai misteri di Lourdes e ci volgiamo anche “alla piccola Bernadette che raduna nel mondo l’acqua dello spirito”.
Nella Chiesa e nella società, continua il vescovo, è presente la ‘Salve Regina’ che si canta nella messa del mattino. “Tutte le ferite (cuore, spirito e coscienza) sono decisive e vanno curate”. Se il dolore profondo non lo si incontra, non ci si può salvare. “Lo scandalo della Croce diventa motivo di consolazione per il dolore umano”. L’Eucarestia è la medicina della vita. Di questi tempi abbiamo subito ferite profonde, in una drammatica sequenza. Ferite nei propri cari, nei colleghi di lavoro, nei vicini di casa, nei parrocchiani e nei loro sacerdoti, che non abbiamo potuto salutare alla loro dipartita da questo mondo. “Tutto ciò può attivare un risentimento”. Ma a questo dobbiamo opporci. Il vescovo confida che, per ovviare ad alcune inevitabili inadempienze di questi giorni, si recherà in una Casa di riposo per salutare tutti coloro che se ne sono andati e dar fiducia a chi è rimasto.
Richiama come ci debba essere la disponibilità cristiana alla sofferenza. Si aprirà la ‘fase 2’ , ma “il domani è carico di problemi- (…) Il distanziamento ci metterà a dura prova e si presenterà anche sotto forma di lontananza spirituale, pericolosa perché può mettere in forse la nostra fraternità. La collaborazione è vitale: ci aspetta un compito importante”. Per questa prospettiva necessita una “speranza affidabile”, da parte di Dio deve esserci una presenza potente, “redentrice”.
Mons. Malvestiti rammenta che S. Paolo dice ai romani che ‘ da fin d’ora siamo salvati’. “E’ un dato di fatto che la speranza ci sia e giustifichi la fatica che la fede ci chiede. (…) Senza Dio siamo senza speranza”. Sempre Paolo, ai tessalonicesi, ammonisce: ‘Non affliggetevi come quelli che non hanno speranza’. Guardiamo a Cristo:” Il futuro è Lui”, afferma il vescovo: “La porta oscura del tempo e del futuro è stata spalancata”. E riporta le parole di papa Francesco: ‘Dio non risponde con discorsi, ma con una persona: il Figlio”. Giovanni Paolo II, nella ‘Salvifici doloris’ rileva che ‘non possiamo esimerci come battezzati dal darci una risposta nelle ferite del Risorto’. Il relatore giunge poi a rilanciare, con intento interlocutorio, una domanda riapparsa in questi giorni: ‘Chi ha inventato il male?’, ricordando che Giovanni Paolo II commentava che si sarebbe potuto anche giungere alla negazione di Dio stesso. Su quanto sopra rileva che Cristo ha voluto rispondere con la Croce, e dalla Croce. Ma “ci vuole la grazia della fede per comprendere”. E conclude: “Cristo non risponde in astratto sul senso della sofferenza, ma quando diventa partecipe della sofferenza di tutti”. Ancora S. Paolo, ai colossesi, chiede di “essere lieti della sofferenza che abbiamo. Perché quando arriva, è una vocazione, una chiamata”.
Come ultimo punto dell’intervento, mons. Malvestiti sottolinea che “Maria è profondamente inserita nella vita e nel mistero di Cristo. (…) Figlio di Dio, Egli ha preso carne da Lei. Nella sublimità, la Madonna diventa nostra madre nel dolore e nella fede (…) E’ icona, scintilla di cristianità, segno di consolazione e speranza sicura per i fedeli di Cristo”. Il vescovo conclude invitando tutti, il giorno 14 maggio, a unirci nella preghiera (cristiani e credenti in altre fedi) perché tutte le religioni del mondo chiedano e ottengano da Dio di liberarci dalla pandemia. E avverte: “Noi tutti temiamo nel futuro di non avere la forza necessaria. Ma non bisogna temere mai di partire, anche se da soli, perché non siamo soli”. Altri vengono dopo di noi. “Essi devono sostituire i testimoni che li hanno preceduti. Il Signore è sempre più avanti”.
Dopo espressioni di gratitudine formulate dalla coordinatrice Graziella Moschino, che apre un breve ciclo di interrogativi a cui il vescovo dà risposte esaurienti, il presidente De Carli esprime l’augurio che questo momento particolare ci aiuti a crescere, ringraziando il relatore per il rasserenante sorriso che non ha mai abbandonato le sue labbra “anche quando ci venivano tirate le orecchie”.