L’Unitalsi Lombarda in videoconferenza con S.E. Mons. Maurizio Malvestiti, Vescovo di Lodi
“Con Maria, nostra speranza, avvicinare le ferite umane a quelle del risorto”
sintesi di Silvano Sala
Introdotto da brevi parole del presidente regionale Vittore De Carli, che ringrazia il relatore intervenuto per la serenità che reca con sé (e segnala altresì la presenza del presidente di Lodi in un momento difficile per la sua terra), monsignor Maurizio Malvestiti saluta “gli amici dell’Unitalsi” e chiede con un sorriso a loro, che hanno portato tanta pazienza nelle attuali contingenze sanitarie, di “portarne un po’ di più”.
“Siamo nella gioia pasquale”, dice, e questo lo fa sentire in comunione col nostro assistente regionale monsignor Busti e con tutti i vescovi lombardi. A noi cristiani, prosegue, il compito di recitare le parole del Padre Nostro fin là dove si chiede ‘dacci oggi il nostro pane quotidiano’, per acconsentire a continuare la nostra testimonianza. E poi è necessario l’intervento di Maria, “che ha una fede giovane”, per “consegnare la sofferenza umana ai giovani” che possiedono la fede dei forti. Ecco allora che facciamo i nostri passi verso la Pentecoste. Ci apriamo quindi ai misteri di Lourdes e ci volgiamo anche “alla piccola Bernadette che raduna nel mondo l’acqua dello spirito”.
Nella Chiesa e nella società, continua il vescovo, è presente la ‘Salve Regina’ che si canta nella messa del mattino. “Tutte le ferite (cuore, spirito e coscienza) sono decisive e vanno curate”. Se il dolore profondo non lo si incontra, non ci si può salvare. “Lo scandalo della Croce diventa motivo di consolazione per il dolore umano”. L’Eucarestia è la medicina della vita. Di questi tempi abbiamo subito ferite profonde, in una drammatica sequenza. Ferite nei propri cari, nei colleghi di lavoro, nei vicini di casa, nei parrocchiani e nei loro sacerdoti, che non abbiamo potuto salutare alla loro dipartita da questo mondo. “Tutto ciò può attivare un risentimento”. Ma a questo dobbiamo opporci. Il vescovo confida che, per ovviare ad alcune inevitabili inadempienze di questi giorni, si recherà in una Casa di riposo per salutare tutti coloro che se ne sono andati e dar fiducia a chi è rimasto.
Richiama come ci debba essere la disponibilità cristiana alla sofferenza. Si aprirà la ‘fase 2’ , ma “il domani è carico di problemi- (…) Il distanziamento ci metterà a dura prova e si presenterà anche sotto forma di lontananza spirituale, pericolosa perché può mettere in forse la nostra fraternità. La collaborazione è vitale: ci aspetta un compito importante”. Per questa prospettiva necessita una “speranza affidabile”, da parte di Dio deve esserci una presenza potente, “redentrice”.
Mons. Malvestiti rammenta che S. Paolo dice ai romani che ‘ da fin d’ora siamo salvati’. “E’ un dato di fatto che la speranza ci sia e giustifichi la fatica che la fede ci chiede. (…) Senza Dio siamo senza speranza”. Sempre Paolo, ai tessalonicesi, ammonisce: ‘Non affliggetevi come quelli che non hanno speranza’. Guardiamo a Cristo:” Il futuro è Lui”, afferma il vescovo: “La porta oscura del tempo e del futuro è stata spalancata”. E riporta le parole di papa Francesco: ‘Dio non risponde con discorsi, ma con una persona: il Figlio”. Giovanni Paolo II, nella ‘Salvifici doloris’ rileva che ‘non possiamo esimerci come battezzati dal darci una risposta nelle ferite del Risorto’. Il relatore giunge poi a rilanciare, con intento interlocutorio, una domanda riapparsa in questi giorni: ‘Chi ha inventato il male?’, ricordando che Giovanni Paolo II commentava che si sarebbe potuto anche giungere alla negazione di Dio stesso. Su quanto sopra rileva che Cristo ha voluto rispondere con la Croce, e dalla Croce. Ma “ci vuole la grazia della fede per comprendere”. E conclude: “Cristo non risponde in astratto sul senso della sofferenza, ma quando diventa partecipe della sofferenza di tutti”. Ancora S. Paolo, ai colossesi, chiede di “essere lieti della sofferenza che abbiamo. Perché quando arriva, è una vocazione, una chiamata”.
Come ultimo punto dell’intervento, mons. Malvestiti sottolinea che “Maria è profondamente inserita nella vita e nel mistero di Cristo. (…) Figlio di Dio, Egli ha preso carne da Lei. Nella sublimità, la Madonna diventa nostra madre nel dolore e nella fede (…) E’ icona, scintilla di cristianità, segno di consolazione e speranza sicura per i fedeli di Cristo”. Il vescovo conclude invitando tutti, il giorno 14 maggio, a unirci nella preghiera (cristiani e credenti in altre fedi) perché tutte le religioni del mondo chiedano e ottengano da Dio di liberarci dalla pandemia. E avverte: “Noi tutti temiamo nel futuro di non avere la forza necessaria. Ma non bisogna temere mai di partire, anche se da soli, perché non siamo soli”. Altri vengono dopo di noi. “Essi devono sostituire i testimoni che li hanno preceduti. Il Signore è sempre più avanti”.
Dopo espressioni di gratitudine formulate dalla coordinatrice Graziella Moschino, che apre un breve ciclo di interrogativi a cui il vescovo dà risposte esaurienti, il presidente De Carli esprime l’augurio che questo momento particolare ci aiuti a crescere, ringraziando il relatore per il rasserenante sorriso che non ha mai abbandonato le sue labbra “anche quando ci venivano tirate le orecchie”.
Preghiera di un malato
Mi chiamo Maurizio, sono unitalsiano da 34 anni, faccio parte della sottosezione di Busto Arsizio e svolgo il ruolo di capo gruppo del Unitalsi di Castellanza.
Fin dalla mia giovane età ho sempre percepito la vicinanza della Vergine Maria per tante vicissitudini che la vita mi ha posto dinnanzi, l’ho sempre sentita vicina sia spiritualmente che in situazioni reali di difficoltà, quelle situazioni in cui la fede potrebbe essere messa a dura prova.
Ho avuto a che fare con il covid-19, esperienza composta da due ricoveri durati complessivamente 20 giorni con supporti per la respirazione , esperienza composta da giorni di isolamento domiciliare e quarantena, iniziata circa 60 giorni fa e tutt’ora non ancora terminata a causa di sintomi non del tutto scomparsi e tamponi non ancora negativi.
Durante il mio ricovero in ospedale mi sembrava tutto cosi surreale….non vi erano certezze sullo sviluppo della mia malattia e, a causa dell’assenza di una cura già testata, non si riusciva a delineare cosa potesse accadere da un momento all’ altro riguardo alla mia situazione clinica.
Nei momenti di lucidità ho scritto questa preghiera per testimoniare la mia esperienza.
Signore Gesù,
sono davanti a te crocifisso in una stanza di ospedale, la malattia ha bussato alla mia porta…un esperienza dura, una realtà difficile da accettare eppure Signore ti ringrazio per avermi fatto toccare con mano la fragilità e la precarietà della vita…ora guardo tutto con occhi diversi.
Quello che ho e ciò che sono, non mi appartiene…è un tuo dono.
Ho scoperto cosa significhi dipendere da tutto e da tutti, ho provato la solitudine e l’angoscia e la mancanza dei propri famigliari.
Signore, anche se mi è difficile, ti dico: “sia fatta la tua volontà”.
Ti prego benedici tutte le persone che mi assistono e che soffrono come me e se puoi donaci la guarigione.
Amen
Maurizio Fadini
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L’Unitalsi Lombarda in videoconferenza con S.E. Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia
MARIA E BERNADETTE: SORELLE E DISCEPOLE NELLA FEDE
sintesi di Silvano Sala
Monsignor Corrado Sanguineti introduce la sua relazione rendendo noto che egli partecipa tutti gli anni, con gli unitalsiani pavesi, al pellegrinaggio a Lourdes di ottobre. Questo anche per sottolineare che la figura di Bernadette gli è familiare quanto quella di Maria. “Stiamo vivendo il mese di maggio”, continua il vescovo, “e questo ci rende più facile accostare il cammino di Bernadette a quello di Maria, la tutta santa, nata senza peccato” e sempre in piena adesione alla volontà di Dio. “Un legame profondo che indica un’esperienza unica”. Lei, Maria, ha concepito (per volere divino) un Figlio dalla natura umana, che rappresenta ‘Dio con noi’. Ma è sul Calvario che Maria ha la rivelazione di una nuova maternità: ‘Ecco tuo figlio (…) ecco tua Madre’. E lei, Maria, sarà “l’unica creatura ad essere assunta alla gloria del Cielo”. La Chiesa la invoca con innumerevoli titoli e la onora in un numero immenso di santuari. “E’ Madre che ci avvolge col suo manto, è creatura dotata da infiniti doni e appellativi”. Bernadette non ha queste prerogative, no certo, però la segue nel percorso di adesione alla volontà del Signore “ed è bello vedere come si accostino i cammini di queste due creature”. Prosegue mons. Sanguineti: “Chi vive un’autentica esperienza d’incontro con Maria, si lascia plasmare e ne esce cambiato e più simile a Lei”. La superiora di Nevers, madre Vauzou, mantiene con Bernadette un atteggiamento molto duro, dimostrando di non saper riconoscere la sua santità. “E’ una perla che va scoperta”.
Osserviamo, dice il vescovo, la vicenda umana e le esperienze spirituali di Maria e di Bernadette, così diverse nel divenire ma anche così simili nella sostanza. “Sono sorelle nella fede, discepole nel Signore”. Vi sono aspetti che accomunano le loro esistenze: Maria, a Nazareth, vive in una casa modesta del villaggio che “agli occhi del mondo era un niente”. Questa marginalità dell’ambiente la ritroviamo a Lourdes, rispecchiata nel cachot dove Bernadette conduce una vita semplice, aperta alla religiosità ma segnata da stenti. “D’altra parte non sa leggere, non sa scrivere, non ha ancor fatto la Comunione. Sa però recitare il rosario”. Per usare le parole di papa Francesco, sembra che il Signore vada a scegliere ciò che è ‘periferia’. “Ma allo sguardo di Dio nulla è periferico”, conclude mons. Sanguineti. D’altra parte “la nostra vita è come la loro vita, ed è preziosa agli occhi del Signore. Tocca una marginalità che tuttavia, nella sua valutazione, appare una cosa grande”.
Entrambe, Maria e Bernadette, hanno coscienza di essere destinatarie di una grazia eccezionale. Così Maria esclama: “Eccomi, sono la serva del Signore (…) ha guardato l’umiltà della sua serva (…)”. Commenta il vescovo che ‘serva del Signore’ è linguaggio biblico ed è titolo riconosciuto a chi ha compiti particolari nei riguardi di Dio. “Tutte le generazioni mi chiameranno beata (…) Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente (…)”. Maria ascolta anche le parole di lode e di benedizione che le rivolge Elisabetta, non le respinge ma le accoglie senza alcun moto di compiacimento. Umiltà e consapevolezza, di ciò che Dio sta creando, accomunano ancora Bernadette a Maria. Bernadette rifiuta di ricevere danaro, doni, non vuole essere al centro dell’attenzione (lo è solo ‘la Signora’). Non ha alcun moto di vanagloria. E’ di carattere forte e non sopporta ipocrisie. Tiene il suo rosario, semplice e artigianale, e rifiuta un rosario di valore. Maria mette al centro il Signore. Bernadette al centro pone Maria.
“Anche noi siamo stati coinvolti in una storia di grazia”, prosegue il vescovo Sanguineti. D’altronde Bernadette apprenderà da Maria a fare penitenza, a pregare per i peccatori,. E noi impariamo a riconoscere che siamo creature fragili a cui si addice l’umiltà, perché Dio ci coinvolge in cose grandi. Maria e Bernadette vivono la chiamata al mistero pasquale, condividendone la Passione e la Resurrezione. “Maria, sotto la croce, ha vissuto una specie di notte scura (…) Qui si attua la Passione di Gesù, la com-Passione di Maria. Maria non ha conosciuto l’esperienza diretta della croce, ma è in comunione perfetta col Figlio: vive la costante offerta d’amore a Gesù”. Bernadette, dal canto suo, trascorre l’infanzia con salute cagionevole, poi la vita religiosa praticamente da malata. Ma confida: ‘Non vivrò un solo istante senza amore’. Praticamente negli ultimi mesi della sua esistenza, nel convento di Nevers, “vive nell’offerta a Dio della sua malattia, vive la sua grande messa”. E può sussurrare con indicibile sofferenza: ‘Sono macinata come un chicco di grano’. Bernadette, una pastorella – rileva il vescovo; Maria, una giovane Madre: ma “sorelle nella fede”. Ed è un cammino che si apre anche davanti a noi: “Bisogna imparare a vivere con la sofferenza trasfigurata dall’amore”.
Al termine della relazione, monsignor Sanguineti risponde volentieri ad alcuni interrogativi che, su invito della coordinatrice Graziella Moschino, alcuni unitalsiani collegati propongono. Vi è poi l’intensa commovente testimonianza di Maurizio, responsabile di un Gruppo di Busto Arsizio, ancora positivo dopo interminabili cinquanta giorni di Covid-19.
Il presidente regionale Vittore De Carli chiude il collegamento con parole di speranza, segnalando che il barelliere Ermanno, associato alla sottosezione di Milano Nord-Est, da venti giorni ricoverato a causa del virus all’ospedale Fatebenefratelli, ha condiviso collegato con noi la splendida catechesi appena ascoltata.
“Con Maria, nostra speranza, avvicinare le ferite umane a quelle del Risorto” con S.E. Mons. Maurizio Malvestiti
“Con Maria, nostra speranza, avvicinare le ferite umane a quelle del Risorto”
con S.E. Mons. Maurizio Malvestiti, Vescovo di Lodi
Proseguono gli incontri in videoconferenza zoom call per continuare ad essere sempre vicini anche se lontani.
Ci troveremo insieme online ⏰sabato 9 maggio alle ore 14.45 per l’incontro spirituale “Con Maria, nostra speranza, avvicinare le ferite umane a quelle del Risorto” con S.E. Monsignor Maurizio Malvestiti, Vescovo di Lodi.
Per partecipare è sufficiente cliccare sul link
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Potrai invitare chi desideri condividendo il link
https://us02web.zoom.us/j/93266503568
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📞335 8031640
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Read MoreL’Arcivescovo all’Unitalsi: «Creare un ritmo del tempo che qualifichi le giornate»
[Fonte: www.chiesadimilano.it]
L’Arcivescovo all’Unitalsi: «Creare un ritmo del tempo che qualifichi le giornate»
Nel Tempo pasquale gli esercizi spirituali di monsignor Delpini per l’associazione lombarda
È stata una catechesi magistrale quella di sabato 25 aprile, con mons. Mario Delpini, per l’incontro settimanale organizzato dall’Unitalsi lombarda in questo periodo pasquale, aperto a tutti, per trascorrere un pomeriggio insieme anche in questo tempo in cui siamo costretti a casa.
L’Arcivescovo ha proposto tre esercizi.
Il primo: preparare il risotto alla monzese o alla milanese, come ognuno preferisce. Il tema spirituale è quindi preparare il risotto. Qualcosa che dobbiamo fare per forza, un dovere a volte noioso, ma lo si fa perché sappiamo che qualcuno sta aspettando quel piatto. Se si ripercorrono le varie fasi della preparazione può diventare un esercizio spirituale.
Il secondo esercizio spirituale si intitola: Sei qui? Sono con te. Il tema è quello della presenza.
Mentre il terzo esercizio spirituale è quello dell’orologio.
Il tempo, inteso come durata, ci può logorare, è come una corrente che trascina via, ma c’è un altro modo di interpretare il tempo, ovvero considerarlo come una serie di occasioni. L’esercizio spirituale dell’orologio appartiene a chi dà una regola alla sua giornata per impedire che i giorni passino senza aver concluso nulla.
Nel video uno stralcio di questo ultimo esercizio spirituale.
Versione integrale dell’articolo:
Di Graziella Moschino
È stata una catechesi magistrale quella di sabato 25 aprile, con Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, per l’incontro settimanale organizzato dall’Unitalsi lombarda in questo periodo pasquale, aperto a tutti, per trascorrere un pomeriggio insieme anche in questo tempo in cui siamo costretti a casa.
Mons. Delpini ha proposto tre esercizi.
Il primo: preparare il risotto alla monzese o alla milanese, come ognuno preferisce.
Il tema spirituale è quindi preparare il risotto. Qualcosa che dobbiamo fare per forza, un dovere a volte noioso, ma lo si fa perché sappiamo che qualcuno sta aspettando quel piatto. Se si ripercorrono le varie fasi della preparazione può diventare un esercizio spirituale.
Non è solo dar da mangiare agli affamati, ma è anche preparare un momento festoso, rassicurante e familiare del trovarsi insieme.
Il risotto non è solo perché qualcuno ha fame e devo prepararlo perché è compito mio, ma può essere visto come l’occasione per stare insieme: piangere, confidarsi, parlarsi. Mentre lo preparo penso a una persona concreta che magari quel giorno è un po’ giù di morale, è arrabbiata e allora se faccio un risotto, che piace a questa persona, la farò sentire importante. Posso essere anche erede di una tradizione, questo modo di cucinare deriva da qualcuno che mi ha educato a farlo, ha una storia. Quello che oggi fa contenti i miei familiari arriva da una storia ed è un’eredità. Magari qualcuno lo preparerà un giorno per me. Sono grato a mia nonna perché mi ha insegnato questa ricetta speciale e sono grato a tutti coloro che negli anni si sono occupati di me. La riconoscenza fa parte di questo esercizio spirituale.
E poi questo riso l’ho comprato dal contadino, qualcuno ha lavorato per me, questo lavoro particolare di coltivare il riso è un invito alla contemplazione dell’uomo in questo giardino che Dio ha creato per noi. Il riso ha bisogno di una cura particolare e chi lo coltiva sa che la sua fatica sarà premiata. Il rapporto dell’uomo con la terra, in questo caso, non si interessa delle cose, ma fa di questa opera, che trasforma i frutti della terra, un qualcosa a disposizione di qualcuno. Le cose non sono soltanto quantità, oggetto, ma sono un segno. Guardando i chicchi di riso che metto nelle pentola per fare il risotto guardo un segno. Mi ricorda quello che la terra produce per me, tutto ciò è un messaggio d’amore. Preparare il risotto significa che qualsiasi gesto faticoso io faccia posso farlo come adempimento oppure come esercizio spirituale che ci insegna a vivere i rapporti tra noi e la nostra terra.
Il secondo esercizio spirituale si intitola: Sei qui? Sono con te. Il tema è quello della presenza.
Il modo di essere presenti è molto diverso. Un modo è la presenza fisica, qualcuno che si vede, che si può imboccare se ha bisogno, dare un bacio, una carezza, ascoltare la sua storia. A volte c’è anche chi è lì con noi ma pensa a altro, a volte chi è con te è arrabbiato e non vuole parlarti. Una sorta di maschera, in realtà tu senti che non ha voglia di essere lì.
Poi c’è la presenza della memoria, mi ricordo di te. Può esserci una foto che io guardo e mi ricorda qualcuno con il quale ho condiviso esperienze e momenti.
La presenza psicologica, invece, vuol dire che penso a te, sono in ansia per te, desidero incontrarti, vorrei essere lì. È una presenza affettiva, di cuore, fatta di interiorità che ti accoglie anche se tu non ci sei.
La presenza mediatica, virtuale è una presenza fisica, io vedo voi, vi ascolto e voi vedete me e mi sentite. Ma non posso abbracciarvi, baciarvi, sentire il cuore che batte, il profumo che avete messo questa mattina. Non è una presenza complessiva, è un po’ evanescente.
L’esercizio spirituale della presenza è la “presenza reale”. Gesù è realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Questa è una presenza che supera tutte le altre. Gesù è veramente presente perché è dentro la nostra vita, è lo Spirito Santo che lo rende presente perché diventiamo un cuor solo e un’anima sola. Noi formiamo una cosa sola con Lui per potenza dello spirito Santo. Noi possiamo portare avanti questa unione pregando tutti insieme: io prego per te e tu per me e così via. In questo tempo in casa noi possiamo essere realmente presenti se passiamo attraverso lo Spirito Santo, attraverso Gesù per diventare una cosa sola.
Pregare insieme per diventare un cuor solo e un’anima sola.
Il terzo esercizio spirituale è quello dell’orologio. Il tempo è una durata, una corrente che ci trascina. Siamo vittime del tempo, il tempo come durata ci può logorare, stancare, ma non lo possiamo fermare. Il tempo vissuto così è come trovarsi su una barchetta e lasciarsi trascinare dalla corrente. Il tempo può essere considerato come una serie di occasioni, di eventi, ma rischia di essere una serie di cose, una diversa dall’altra. Ogni giorno può essere un’occasione per far del bene o del male, dipende dalle nostre scelte. Un’occasione per fare del bene o del male, dipende da noi e da come vogliamo viverla.
Il tempo come orologio vuol dire voler dare una scansione con un ordine ben preciso, dare una regola alla giornata senza correre il rischio di sprecare il tempo. L’esercizio spirituale dell’orologio è quello che mi fa capire che ogni cosa ha un suo tempo, è una libertà di fare scelte proprie per poter qualificare le proprie giornate. Il tempo come ritmo per il cuore, l’anima, il bene. È fare una serie di cose per evitare che il tempo ci trascini via, come una corrente che ci fa invecchiare senza senso. Un ordine della vita che permette di mettere a frutto il tempo.
Proviamo a sperimentare i tre esercizi spirituali: fare il risotto, cercare di costruire una presenza “reale, l’orologio per dare un ordine alla vita e trovare il tempo per fare del bene.
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“Maria e Bernadette: sorelle e discepole nella fede” con S.E. Monsignor Corrado Sanguineti
“Maria e Bernadette: sorelle e discepole nella fede”
con S.E. Mons. Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia
Proseguono gli incontri in videoconferenza zoom call per continuare ad essere sempre vicini anche se lontani.
Ci troveremo insieme online ⏰sabato 2 maggio alle ore 14.45 per l’incontro spirituale “Maria e Bernadette: sorelle e discepole nella fede” con S.E. Monsignor Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia.
Per partecipare è sufficiente cliccare sul link
PARTECIPA ALLA ZOOM CALL
Potrai invitare chi desideri condividendo il link
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Per qualsiasi necessità chiamaci:
📞335 8031640
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Read MoreIn ebook le parole dell’Arcivescovo durante l’emergenza
[Fonte: www.chiesadimilano.it]
In ebook le parole dell’Arcivescovo durante l’emergenza
Raccolta di omelie, interventi e messaggi curata da Annamaria Braccini e coedita da «Avvenire» e Centro ambrosiano, scaricabile gratuitamente in formato epub e pdf. Prefazione di Marco Tarquinio, introduzione di Giacomo Poretti, che pubblichiamo
di Giacomo PORETTI
Pubblichiamo l’introduzione di Giacomo Poretti all’ebook O mia bèla Madunina. Il coraggio della speranza in tempo di pandemia, a cura di Annamaria Braccini, in coedizione Avvenire e Centro ambrosiano. Il volume raccoglie i testi (omelie, interventi e messaggi) dell’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, in queste settimane di emergenza sanitaria. La prefazione è di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.
In allegato la versione integrale in formato pdf (scaricabile gratuitamente).
“O mia bèla Madunina” formato .pdf
È una impresa improba e anche pericolosa introdurre gli scritti e le riflessioni di un vescovo, anzi di un arcivescovo, l’arcivescovo di Milano. In questo periodo, poi, dove anche chi è stato zitto per tutta la vita ora ha sentenze, domande, imprecazioni, soluzioni e lamentele da dire o da scrivere…
I famosi social, quelli criticati, osteggiati e demonizzati fino a qualche settimana fa, non solo si sono presi la rivincita, ma addirittura pare che, altezzosamente, ci stiano facendo notare che ci stanno salvando la vita: ogni giorno nasce una piattaforma nuova di videochiamate o call conference, la scuola si fa online, il lavoro è solo del tipo smart working, quando le code sono interminabili la spesa si fa con una App, la Messa e il Rosario su Zoom o You Tube, il mare lo si vede solo al computer: parole, parole, parole, parole, parole, parole.
Difficile sintonizzarsi sulle parole interessanti, necessarie, nutrienti, in questo oceano di rumori, eppure, inaspettatamente, sono rimasto colpito dalle parole dell’arcivescovo Delpini. Prima dallo stile. Un augurio in rima baciata per le scuole non lo avevo mai sentito fare da un vescovo: che originalità, che coraggio, che anticonformismo. Poi mi sono imbattuto in una omelia sul Vangelo degli amici di Betània, Marta, Maria e Lazzaro, e i semi che Gesù aveva regalato a loro: un apologo squisito creato di sana pianta per aiutarci a interpretare il significato della Luce necessaria. La storia della signora Giovanna prigioniera in casa per il virus che dalla disperazione parla ai muri, e i muri che le rispondono e le tengono compagnia. Il bellissimo messaggio letto in Fiera per commemorare i cento anni di quel luogo. Per non parlare delle riflessioni sempre originali e vitalizzanti sulla Quaresima e la Pasqua.
Ma quel che mi ha colpito maggiormente dell’arcivescovo è la sua capacità di immedesimazione nelle persone, l’intima simpatia che gli fa cogliere le domande e i dubbi di tutti, anche quelli più scabrosi e inconfessati; l’utilizzo dello stile, oserei dire teatrale, del suo parlare, la messa in scena di qualsiasi racconto, che si tratti della signora Giovanna, dei bambini delle elementari o delle donne che stanno sotto la Croce di Cristo: l’arcivescovo ha sempre bisogno di, non reinventare, ma di vivificare la scena, renderla presente qui e ora, e per fare ciò non esita a ricorrere agli apologhi, alle metafore, alla fantasia letteraria. E poi non si vergogna di pregare la Madonnina in dialetto proprio sul tetto del Duomo. Qualcuno ha scritto che con quel gesto ha laicizzato la Madonna, credo in realtà che abbia aperto generosamente la porta al Mistero, che, se ce lo fossimo scordati, è proprio sopra le teste dei milanesi.
Insomma, fatemelo dire, questo arcivescovo è anche un commediografo, e se non fosse che ora gli spettacoli non si possono fare, lo ingaggerei al mio teatro, il Teatro Oscar, e gli proporrei di scrivere una commedia, una commedia sul significato della pazienza. E poi diciamolo, finalmente, dopo decenni a guardare con il collo all’insù, finalmente un arcivescovo sotto il metro e sessantadue!
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Giovani di Gallarate, serata online con l’Arcivescovo
[Fonte: www.chiesadimilano.it]
Giovani di Gallarate, serata online con l’Arcivescovo
Riprendono con questa nuova modalità gli appuntamenti previsti nell’ambito delle visite pastorali ai Decanati. Ecco tutte le informazioni
Con l’inizio dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus le visite pastorali dell’Arcivescovo ai decanati della nostra Diocesi sono state sospese.
Nei mesi precedenti la pandemia, in occasione di queste visite l’Arcivescovo aveva incontrato i giovani (18-30enni) dei Decanati nell’ambito di una serata pensata appositamente per loro. Così era avvenuto per i giovani dei decanati di Bresso, Treviglio e Bollate tra novembre e gennaio: un’esperienza molto partecipata e positiva.
Si è così deciso di riprendere questi appuntamenti che hanno per protagonisti i giovani e l’Arcivescovo: in che modo, visto che le restrizioni a incontrarsi sono tuttora in vigore? È molto semplice, ci si trasferisce online, com’è ormai prassi – in queste ultime settimane – anche nell’ambito scolastico e universitario.
La prima di queste serate si terrà giovedì 23 aprile, alle 21: l’Arcivescovo incontrerà “virtualmente” i giovani del Decanato di Gallarate.
Anche in questa occasione l’invito alla partecipazione è rivolto ai gruppi giovanili del decanato (associazioni, movimenti, gruppi sportivi…), ai loro educatori e a tutti quei giovani interessati a un confronto “aperto” con l’Arcivescovo sulle grandi domande e sulle questioni aperte in campo ecclesiale, politico, sociale e più in generale all’interno del quadro piuttosto articolato delle relazioni tra le giovani generazioni e il mondo degli adulti.
Il confronto si svolgerà tramite videochat, durante la quale alcuni giovani del decanato avranno la possibilità di porre a monsignor Delpini spunti di riflessione o domande. Alcune di queste riguarderanno certamente la situazione che stiamo vivendo: si cercherà di interpretare questo tempo così drammatico alla ricerca di qualche chiave di lettura alla luce della fede in Gesù. I giovani avranno anche l’opportunità di raccontare all’Arcivescovo le esperienze di preghiera, di gruppo (anche a “distanza”) e di servizio che vivono nella Chiesa locale e in decanato.
Secondo le indicazioni contenute nella Christus Vivit, l’esortazione apostolica post-sinodale che Papa Francesco ha rivolto ai giovani, anche questo appuntamento sarà pertanto uno spazio di confronto, un modo semplice e fraterno per proseguire nell’ascolto, nella conoscenza reciproca tra i 18-30enni della nostra Diocesi e l’Arcivescovo e nella riflessione circa il rapporto tra la fede e la vita quotidiana.
La serata si concluderà con una preghiera semplice e un mandato missionario per continuare a generare scintille: perché, come ci ha più volte ricordato il nostro Arcivescovo, «basta una scintilla perché si accenda un grande fuoco».
Per informazioni sulle modalità del collegamento online scrivere a donmarcousuelli@gmail.com oppure a celebrazioni.ga@gmail.com
Prossimi incontri:
Nelle prossime settimane sono in calendario altri appuntamenti online che coinvolgeranno i giovani dei seguenti decanati sempre in videochat:
Decanato di Cantù: lunedì 11 maggio, ore 21.
Decanato di Besozzo: martedì 12 maggio, ore 21.
L’Unitalsi Lombarda in videoconferenza con Mons. Antonio Napolioni, Vescovo di Cremona
“Fate questo in memoria di me”
di Silvano Sala
Premettiamo anzitutto che l’intervento di monsignor Antonio Napolioni segue i due precedenti fatti da monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema (il 4 aprile) e da monsignor Paolo Martinelli, vicario episcopale di Milano per la vita consacrata maschile e la pastorale scolastica (l’11 aprile).
In questo momento di emergenza sanitaria, nel quale anche gli incontri spirituali sono impossibili, l’Unitalsi Lombarda e i suoi dirigenti hanno pensato ad un ciclo di videoconferenze per mantenere vivi, nel limite del fattibile, i contatti con i propri aderenti.
Ecco che oggi, 18 aprile, la parola viene data a monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, che approfondisce per noi il tema evangelico : “Fate questo in memoria di me”. La coordinatrice Graziella Moschino, rilevando che sono in atto più di cento collegamenti, dà a tutti il benvenuto in questo nostro difficile cammino nell’epidemia, lieti che si ripresenti l’appuntamento con la catechesi settimanale. Infine, con un premuroso augurio al relatore, da parte dell’assistente regionale monsignor Roberto Busti, per la sua cessata positività al virus, mons. Napolioni afferma “ora tocca a me, e a voi ascoltare la parola di Dio”. Il tema della catechesi ci appartiene come esperienza della spiritualità (pellegrinaggio e vita quotidiana).
“Giubileo e le Sante Croci. Cosa sarà la nostra vita eterna se non un Giubileo?” Si ricollega quindi all’evangelista Luca quando, al cap. 22, narra i gesti di Gesù durante l’Ultima Cena: “Poi preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: ‘Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in ricordo di me’”. Al gesto si accompagna un invito ineludibile: “Fate (…)” D’altra parte in queste settimane il Signore è più ricercato. “Chi pensate che io sia?” Dice papa Francesco che “tutta la vita di Gesù è segno del suo mistero”. Egli è più universale del virus. Il crocifisso sulla parete dell’ospedale rimanda a Cristo che si ammala, Cristo che cura (…) Diventa “memoriale di una nuova creazione”. “’Ricordati di me’, dice il ladrone sulla croce; ma nella vita è Gesù che dice questo: non si sottrae. Chi porta Gesù nel cuore, lo ricorda: non è una nostalgia repressa”. “L’Eucarestia”, continua mons. Napolioni, “è il memoriale del mistero di Cristo, la memoria efficace”. A questo punto il vescovo allude alla morte, in questi tempi, di tante persone lontane dai propri cari, senza il conforto dei Sacramenti. “Ogni uomo, ogni vita, ha un nesso con Dio- (…) Chi mai ha previsto la propria Passione, chi l’ha sorbita come un calice, se non Gesù?”
L’oratore ricorda le parole di Paolo VI quando diceva: “L’umanità sofferente è un sacramento umano. Oggi lo scopriamo, domani lo attueremo”. E prosegue la sua catechesi: “La messa è a un tempo il memoriale, quanto il sacrificio della morte (…) Noi offriamo sempre il medesimo Agnello: il sacrificio è sempre uno solo”. Per poi affermare che coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato. Scriveva don Tonino Bello che “purtroppo la nostra vita cristiana non incrocia il Calvario (…) ci manteniamo agli antipodi della sua logica”. Ma oggi questo Calvario si è fatto trovare lungo le autostrade e noi ci siamo andati a sbattere. Dopodiché il relatore sottolinea che, alla Comunione, il sacerdote porge l’eucaristia con le parole : ‘Il corpo di Cristo’: non si divide il corpo consacrato da chi lo assume. Ricorda che don Carlo Gnocchi, già cappellano degli alpini, con gesto non solo poetico in un suo libro raccontava la gioia di un alpino che scriveva alla mamma come quel giorno, mancando acqua, avesse dato al sacerdote celebrante la sua borraccia colma d’acqua. “L’acqua della mia borraccia è diventata sangue di Cristo. Senza la mia borraccia il sacerdote non avrebbe potuto dire messa”.
“’Fate (…)’: ma l’azione non nasce dal nostro fare, ma da Cristo stesso. Egli comanda di fare quello che Lui stesso ha fatto”. Ci accorgiamo che siamo impegnati a fare come Gesù, anche nei servizi. “Una Chiesa non solo sacerdotale, ma anche diacona”. (…) “C’è tanto da fare, tutto da fare”, conclude il vescovo, “Anche il più piccolo gesto partecipa di questo mistero”. Poi riporta un pensiero di papa Francesco: va bene che in questo frangente ci sono le messe televisive, però occorre che il popolo si riunisca per creare la Comunione sacramentale. Al fondo di tutto questo vi è un fatto rilevante: “E’ essenziale che la morte non fosse distrutta solo da Dio, ma anche dal Figlio”. Rammenta le parole di Benedetto XVI: “Egli ci attira dentro di Sé”. Ma ci voleva il Coronavirus per ritornare a questa sorgente di riflessione? A protezione di un contagio di polemiche, siamo obbligati a constatare che gli anziani sono i più colpiti, ma sono i giovani (sanitari e volontari) a salvare tante vite umane. “Fate (…)” Mons.Napolioni sottolinea che “se tutto parte dalla memoria di un altro e ciò porta a riconoscere che la mia volontà è una volontà ‘figlia’, questo non mi fa sentire solo” e ritiene che, nel rapporto fra la volontà umana e la volontà di Dio, si riconosca la preminenza del bene comune che evidenzia una volontà superiore. Termina quindi esprimendo una convinzione che è condivisa da molti: “Meno Chiesa e più Cristo”: una Chiesa umile in un mondo fragile.
Dopo una interessante serie di interventi da parte degli unitalsiani collegati, ai cui interrogativi il vescovo replica con calore, viene posto in evidenza il confronto difficile con il dopoguerra, quando la gente ha saputo essere protagonista fattiva della ricostruzione. Il vescovo conclude con un piccolo, ma significativo, episodio che ha alimentato la sua esistenza in questi giorni di contagio: non la telefonata del Papa, certo anch’essa importante, ma quella di un chierichetto di dodici anni che, ogni sera, s’informava sulla salute dei sacerdoti e del vescovo e assicurava di pregare per loro. Ecco dunque l’essenziale: la preghiera. Sia essa la nostra compagna fedele nella giornata.
Il presidente regionale Vittore De Carli ha concluso il collegamento rilevando che, in questo 2020, solo Dio potrà riaprirci la strada per il pellegrinaggio. Forse Caravaggio sarà la risposta “al cemento armato”. Ha infine ricordato i più di cento sacerdoti immolatisi, in questo ultimo periodo, nella realizzazione della loro vita pastorale, affidandoli anche alle nostre preghiere.
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“Esercizi spirituali in giorni pasquali”. Con S.E. Monsignor Mario Delpini
“Esercizi spirituali in giorni pasquali”
con S.E. Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano
Proseguono gli incontri in videoconferenza zoom call per continuare ad essere sempre vicini anche se lontani.
Ci troveremo insieme online ⏰sabato 25 aprile alle ore 14.45 per l’incontro spirituale “Esercizi spirituali in giorni pasquali” con S.E. Monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano.
Per partecipare è sufficiente cliccare sul link
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Potrai invitare chi desideri condividendo il link
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Sempre insieme: lontani ma vicini!
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