Quarta giornata a Lourdes, 24 settembre
Una celebrazione nel segno della gratitudine. Un invito a diventare donne e uomini “del grazie”. Alla scuola di Maria. Per progredire lungo la via della “conoscenza di Gesù”. E rispondere così alla chiamata a “diventare partecipi della natura divina”. Sono le coordinate essenziali della celebrazione conclusiva del pellegrinaggio della diocesi di Milano a Lourdes, presieduta – venerdì 24 settembre – dall’arcivescovo Mario Delpini.
A introdurre la Messa, ospitata dalla Basilica sotterranea intitolata a San Pio X, l’intervento del presidente di Unitalsi Lombarda, Vittore De Carli, a ricordare i cent’anni di vita dell’associazione. Parole nel segno della riconoscenza, della memoria, dell’apertura alle nuove sfide della carità. “Siamo ricchi di esperienze e tradizioni che provengono dalla storia costruita in cent’anni e, insieme, ci dobbiamo presentare poveri di fronte al futuro, pronti a imparare e a metterci in discussione, individuando nuovi campi di azione e metodi di prossimità a coloro che, anche nel mutare dei tempi, sono nella difficoltà e nella malattia”, ha detto De Carli. La memoria dei cent’anni unisce, dunque, la riconoscenza verso quanti hanno iniziato, promosso e sviluppato il cammino dell’Unitalsi, e la sollecitudine verso le questioni poste dai tempi nuovi.
Una disponibilità a “diventare storia di grazia e di libertà”, a “continuare la missione della Chiesa”, a “risvegliare la gratitudine in questa società depressa e invecchiata”, ha chiesto Delpini in omelia, chiamando i fedeli ambrosiani a tornare rinnovati dal pellegrinaggio a Lourdes, a riprendere il proprio posto nella vita delle famiglie e delle comunità come donne e uomini “del grazie”, come “quelli della prontezza nel servire, e del servire nella gioia”, come Maria “che si reca in fretta nella casa di Elisabetta”, ha detto l’arcivescovo in omelia. Quelli che sono rimasti a casa potranno riconoscere i pellegrini tornati da Lourdes per “la nostra letizia che resiste alle prove – ha sottolineato il presule – e la nostra gratitudine al Signore per le grazie ricevute”.
Parole che Unitalsi Lombarda raccoglie, appunto, nel segno della gratitudine. E riconoscenza che si trasforma in gesto. Ecco, dunque, il presidente De Carli consegnare alla fine della Messa un dono – il simbolo dell’Unitalsi in argento – a Delpini, al vescovo emerito di Mantova Roberto Busti, assistente spirituale dell’Unitalsi Lombarda, a don Massimo Pavanello, responsabile diocesano del Servizio per la pastorale del Turismo e dei Pellegrinaggi, a monsignor Vittorio Madè del Centro volontari sofferenza, a Carlo Settembrini del Sovrano Ordine Militare di Malta e a don Antonio Suighi dell’Oftal.
Sempre nel segno della riconoscenza, il fare memoria, nella preghiera, dei sacerdoti e dei consacrati morti in tempo di pandemia. E il ricordo di alcuni significativi anniversari. A partire dall’ingresso di Delpini a Milano quale arcivescovo (24 settembre 2017, mentre il 23 settembre 2007 riceveva l’ordinazione episcopale), dal 30° di ordinazione episcopale del cardinale Angelo Scola (21 settembre 1991) e dal 14° di Busti (22 settembre 2007). Don Pavanello ha ricordato inoltre il 50° di ordinazione sacerdotale di don Silvio Zurlo, don Francesco Vitari e monsignor Madè e il 25° di don Gianluca Pisati e di don Alessandro Repossi, assieme al 60° di professione di suor Ester Comi. Ogni data, ogni, anniversario, ogni nome, ogni volto, un’occasione per dire “grazie”. E per scoprirsi “popolo del grazie”, chiamato a “compiere il cammino – ha affermato Delpini – che a partire dalla fede conduce alla virtù”. E “diventare capaci di amare per essere conformi all’umanità di Gesù”.
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Read MoreTerza giornata a Lourdes, 23 settembre 2021
L’Unitalsi Lombarda compie cent’anni. E l’arcivescovo Mario Delpini rinnova il suo «grazie» all’associazione: per la dedizione nel servizio alle persone ammalate e fragili, per la sua capacità organizzativa. E per l’intraprendenza con cui sta dando vita ad un’opera preziosa come la casa d’accoglienza per i familiari di bambini ricoverati negli ospedali di Milano e provenienti da altre città e regioni, che sorgerà all’Ortica, alla periferia orientale del capoluogo lombardo, e che verrà intitolata a Fabrizio Frizzi, indimenticato amico dell’Unitalsi.
L’occasione di questo «grazie»: l’incontro dell’arcivescovo con i pellegrini e i volontari dell’Unitalsi, nella terza giornata del pellegrinaggio della diocesi di Milano a Lourdes. Il caldo sole d’autunno ha permesso di vivere all’aperto – al Podio, appena oltre la chiesa di Santa Bernadette, di fronte alla Grotta delle Apparizioni, sull’altra riva della Gave – questo incontro con il pastore della Chiesa ambrosiana. Prima di lui ha preso la parola l’arcivescovo emerito di Trento Luigi Bressan, assistente spirituale nazionale dell’Unitalsi. «Lourdes è un ambiente internazionale. Il Signore ha voluto che dai diversi popoli sorgesse un’unica famiglia. E di questa famiglia anche noi siamo i costruttori – ha detto Bressan, fra i partecipanti al pellegrinaggio assieme all’assistente di Unitalsi Lombarda, il vescovo Roberto Busti –. Preghiamo perché tutti i popoli della terra possano conoscere la bellezza e il conforto del Vangelo. Come ci ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, alla sinfonia dei popoli e delle culture del mondo non manchi mai la voce e la luce del Vangelo».
Quindi il saluto di Delpini. E le sue parole di ringraziamento per la missione prestata con tanta «dedizione, capacità organizzativa, intraprendenza» dall’Unitalsi. «Ringraziamo l’arcivescovo perché nel suo cuore accoglie sempre tutti i nostri ammalati», ha detto a sua volta Vittore De Carli, presidente di Unitalsi Lombarda, prima di ricordare – salutato dagli applausi dei partecipanti – come in questa giornata ricorra l’anniversario di ordinazione episcopale di Delpini. Era il 23 settembre del 2007 quando Delpini riceveva – nel Duomo di Milano, dal cardinale Dionigi Tettamanzi – l’ordinazione episcopale, dopo essere stato nominato da Benedetto XVI, a luglio, ausiliare di Milano.
L’incontro dell’Unitalsi Lombarda con Delpini è stato innanzitutto una occasione di preghiera condivisa, sotto la guida del pastore. Che alla fine, attingendo anche alla sua stessa esperienza, ha affermato: «Non esistono “i malati”, ciascuno è unico con la sua vicenda personale. Ognuno porta dentro di sé una pena e un’aspettativa. La malattia sembra come chiamarci per nome. Nella vita, a differenza dei libri di medicina, noi non siamo casi clinici ma persone, ciascuna con il proprio dolore, il proprio bisogno, la propria speranza». All’Unitalsi la missione di accogliere ciascuna persona sofferente nella sua unicità e originalità.
L’incontro si è svolto in tarda mattinata. Prima di congedarsi, l’arcivescovo ha consegnato a ciascun partecipante un’immaginetta con una parola di benedizione. E si è concesso, sorridente, alle foto di gruppo e con singoli pellegrini. Ma, nel pomeriggio, Delpini è tornato a rivolgere la sua parola all’Unitalsi. Come? Con il messaggio per i cent’anni di vita della Sezione Lombarda, letto dal vescovo Busti nella chiesa di Santa Bernadette, lato Carmelo, dove alle 15,30 si è svolta la celebrazione di accoglienza del personale al primo viaggio. Parole, quelle dell’arcivescovo, per ringraziare «uno per uno» volontari, dame, barellieri, persone ammalate, e «invocare la benedizione di Dio perché uno per uno formiamo questa immensa fraternità animata dall’amicizia e dalla carità, da cent’anni e per i prossimi cent’anni».
La terza giornata di pellegrinaggio si era aperta alle 8,30 del mattino con la Messa presieduta da Delpini alla Grotta di Lourdes, celebrata nel giorno della festa di san Pio da Pietrelcina. Riprendendo il passo evangelico dell’incontro fra Gesù e il «notabile ricco», l’arcivescovo ha ricordato come solo accogliendo l’invito di Gesù – vivi con me, vivi come me – possa trovare compimento la nostra vita. Dalla sequela di Gesù nasce la dedizione alla missione della Chiesa e al farsi prossimo a tutti. «La cura per gli altri può dare al nostro incompiuto la giusta misura – ha spiegato Delpini –. La cura per gli altri, la passione per la missione, ci liberano dall’ossessione di pensare a quello che ci manca per cominciare a pensare a quello che abbiamo e a come può servire, e a come possiamo servire, a preparare il regno di Dio che viene. Ogni nostra situazione sia occasione propizia per ricevere questa annunciazione: vieni con me! Seguimi! vivi con me, vivi come me!».
Nel pomeriggio l’arcivescovo ha incontrato i pellegrini e i volontari dell’Oftal, quindi ha presieduto la processione eucaristica. Verso sera, infine, ha condiviso un incontro di preghiera alla Grotta con i sacerdoti e i diaconi presenti fra i 1.300 pellegrini ambrosiani a Lourdes.
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Seconda giornata a Lourdes, 22 settembre 2021
«Questo tempo e questa situazione hanno bisogno di gente che è forte perché si fida di Dio e si affida a Dio. L’incisività nella storia che viviamo non è dovuta ai ruoli, ai soldi, ai titoli di studio. Noi vorremmo tornare a casa con il coraggio di chi si affida a Maria. “Tu fortitudo mea”, come recita il motto episcopale del beato cardinal Ferrari». È un appello a uscire da presunzioni e autoreferenzialità e a scoprire nell’affidamento a Maria e al Signore la radice della forza con cui vivere la nostra vocazione, nella vita di ogni giorno, quello che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini ha lanciato mercoledì 22 settembre nel secondo giorno del pellegrinaggio diocesano a Lourdes.
Un giorno per crescere nella conoscenza e nell’amore per Maria. Così è stato fin dal mattino, con l’arcivescovo a presiedere la Messa Internazionale nella Basilica sotterranea intitolata a San Pio X. E a presentare, in omelia, Maria come maestra della «libertà» che insegna ad «essere poveri, casti, umili». Maria è l’Immacolata. Dunque colei che testimonia e insegna la libertà dalla necessità di farsi valere, di imporsi, di cercare la propria sicurezza nel possesso delle persone e delle cose. Maria «insegni a tutti i figli di Dio» quali «contenuti può rivelare questa partecipazione alla grazia», ha invocato Delpini. Maria ci accompagni lungo «cammini di libertà» per diventare, a nostra volta, «umili, casti, poveri».
Come quella di tanti pellegrini, la giornata dell’arcivescovo Delpini era iniziata, di primo mattino, alle Piscine. La pandemia ha reso impossibile, per ora, il gesto dell’immersione. Così, in alternativa, si offre ai pellegrini la possibilità di un altro gesto – lavarsi le mani e il volto, bere l’acqua – che si ispira direttamente alle parole che la Madonna disse a Bernadette Soubirous durante la nona apparizione, quella del 25 febbraio 1858. Un gesto che chiede umiltà, per essere compiuto, e che a sua volta ispira conversione e fraternità: «Il nostro peccato non è una difficoltà per il perdono, ma lo è la superbia», ha ricordato l’arcivescovo.
Maria è maestra della libertà che abilita all’amore disinteressato del servizio. Che apre al “farsi prossimo”. E sono volto esemplare di questo amore i volontari delle associazioni che si fanno carico di accompagnare e accudire i pellegrini ammalati e non autosufficienti. Quattro in particolare quelle coinvolte in questo primo pellegrinaggio diocesano dopo lo scoppio della pandemia: Unitalsi Lombarda (che ricorda i suoi cent’anni di fondazione), Oftal, Cvs (Centro volontari sofferenza) e Smom (Sovrano Militare Ordine di Malta). Dopo la Messa Internazionale, Delpini ha potuto incontrare pellegrini e volontari di Cvs e Smom. Il suo invito: causa pandemia ci sono meno pellegrini ammalati? Avete meno da “fare”? Bene: non perdete l’occasione di vivere in questi giorni un’esperienza spirituale più profonda. Dedicate più tempo alla preghiera, alla riflessione, al dialogo fra voi.
Maria, anche in questo, sarà maestra di ciò che dà fondamento stabile alla fortezza che ci è richiesta in questo tempo. Lo ha ribadito l’arcivescovo concludendo nel pomeriggio, nella chiesa di Santa Bernadette, l’incontro dedicato al cardinal Ferrari – suo il motto episcopale che fa da titolo al pellegrinaggio diocesano: «tu fortitudo mea» – che ha visto, nell’intervento di padre Giuseppe Serighelli, passionista, in servizio al Santuario di Lourdes – l’occasione per scoprire nel beato cardinal Ferrari un maestro e testimone di vera devozione mariana.
Dopo la catechesi, la preghiera. Dopo l’incontro in Santa Bernadette, il Rosario, guidato da Delpini alla Grotta e trasmesso in diretta da Tv 2000. Un momento intenso e partecipato. Come, a sera, la processione “aux flambeaux” presieduta anch’essa dall’arcivescovo di Milano. Occasioni per attingere, come popolo in cammino, come Chiesa che prega, alla sorgente della forza e del coraggio. Occasioni per dire a Maria: «tu fortitudo mea».
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Prima giornata a Lourdes, 21 settembre 2021 – Basilica Santa Bernadette
«Facciamo festa non per una convinzione solitaria, ma perché siamo comunità con Maria, la madre. Siamo Chiesa in preghiera e la presenza di Maria è motivo di consolazione e di fiducia». È un caldo invito a dire basta al «cristianesimo triste, depresso, lamentoso», a dire basta a «comunità cristiane scoraggiate, complessate, pessimiste, nostalgiche», quello che l’arcivescovo Mario Delpini ha lanciato presiedendo nella chiesa di Santa Bernadette, nel pomeriggio di martedì 21 settembre, la Messa di apertura del pellegrinaggio della diocesi di Milano a Lourdes. Il primo celebrato dopo lo scoppio dell’emergenza Covid.
Il pellegrinaggio, al quale partecipano 1.300 pellegrini giunti dalle terre ambrosiane, fa memoria di due importanti anniversari. Il primo sono i cent’anni dalla morte del beato cardinale arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari, che fu non solo pastore della carità materiale e intellettuale, ma anche precursore del pellegrinaggio moderno e maestro di spiritualità mariana. Il secondo anniversario sono i cent’anni di vita di Unitalsi Lombarda, che – guidata dal presidente Vittore De Carli e dall’assistente spirituale, il vescovo emerito di Mantova Roberto Busti – ha portato a Lourdes 520 persone, fra cui 40 ammalati, 10 tra medici e farmacisti, 14 sacerdoti, due vescovi (con Busti l’arcivescovo emerito di Trento, Luigi Bressan, assistente spirituale nazionale dell’Unitalsi) e 148 tra sorelle e barellieri.
A offrire il tema del pellegrinaggio, il motto episcopale del cardinal Ferrari: «tu fortitudo mea». Ed è nel segno dell’affidamento a Maria, che si è aperto il pellegrinaggio. Sui volti dei pellegrini, la gioia e la commozione per essere potuti finalmente tornare a Lourdes. Sentimenti che hanno cancellato la fatica del viaggio, da tutti condivida, seppur diversamente affrontata da chi è arrivato in aereo o con il pullman. A Lourdes, ora, l’occasione di vivere giorni di servizio, condivisione, fraternità, come ha suggerito l’arcivescovo Delpini. Giorni per attingere, nell’incontro con Gesù che salva e libera, alla sorgente della gioia. E poter dire basta al «cristianesimo triste, depresso e lamentoso».
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Pellegrinaggio a Caravaggio, 16 settembre 2021
Il Papa ai preti anziani e malati: «Da voi la linfa per fiorire nella vita cristiana»
«State vivendo una stagione, la vecchiaia, che non è una malattia, ma un privilegio»: lo scrive papa Francesco nel messaggio ai sacerdoti lombardi anziani e malati riuniti oggi a Caravaggio per la Giornata di fraternità con i Vescovi della regione .
Il Pontefice fa riferimento a Simeone e ad Anna: «Proprio quando sono anziani il Vangelo entra pienamente nella loro vita e, prendendo fra le braccia Gesù, annunciano a tutti la rivoluzione della tenerezza». Anche chi è malato «vive un privilegio: quello di assomigliare a Gesù che soffre e portare la croce proprio come Lui». E la comunità che se ne prende cura «è ben radicata su Gesù».
Poi il Santo Padre precisa: i sacerdoti anziani e malati sono «protagonisti attivi nelle comunità», «portatori di sogni carichi cli memoria e per questo importantissimi per le giovani generazioni». E sottolinea: «Da voi viene la linfa per fiorire nella vita cristiana e nel ministero».
Infine, una conclusione scherzosa: «Vi chiedo, per favore, di pregare per me che sono un po’ anziano e un po’ malato ma non tanto!».
La Giornata di Caravaggio si è svolta in occasione del consueto incontro della Conferenza episcopale lombarda ed è stata promossa da Unitalsi Lombarda e Cel, con la collaborazione organizzativa della Fondazione Opera Aiuto Fraterno. Dopo l’accoglienza e la preparazione alla liturgia, la processione dei sacerdoti presenti ha introdotto alla celebrazione eucaristica nel Santuario di Santa Maria del Fonte, presieduta dall’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, e dagli altri Vescovi lombardi. Su espressa indicazione di monsignor Delpini, la memoria nella preghiera è stata rivolta a tutti i sacerdoti lombardi vittime della pandemia: su quasi 300 presbiteri morti in Italia, ben 92 erano originari della nostra regione.
L’omelia dell’Arcivescovo è ruotata attorno al concetto di «saluto». Quello di Maria a Elisabetta («una rivelazione che ha riempito di gioia la sua casa») e quello con cui sempre lei realizza la sua missione nella casa di Zaccaria. «Anche per un prete, anche per un uomo e una donna che vogliono vivere la loro missione di annunciare il Vangelo, questo è una strada irrinunciabile», ha rilevato monsignor Delpini. Una missione «irrinunciabile e praticabile in ogni condizione di salute, in ogni età».
Sempre facendo riferimento al saluto di Maria a Elisabetta, «accolto con stupore» da quest’ultima, l’Arcivescovo ha aggiunto che nella missione di un prete «il saluto dello stupore è l’atteggiamento dell’umiltà di chi si fa servo, invece di pretendere di essere servito», «di un uomo lieto, mentre avrebbe buone ragioni per essere triste per le sue tribolazioni», «di un uomo che parla di Dio e canta il magnificat, invece che lamentarsi del mondo», «di un uomo che si interessa degli altri, invece che essere ripiegato su di sé», «di un uomo che guarda al futuro pieno di speranza», invece che temerlo «come una minaccia».
Ma soprattutto «un prete può avere la missione di “essere il saluto della gioia”», proprio di chi «crede nell’adempimento della parola del Signore», «riconosce nelle condizioni in cui si trova una occasione per dire il Vangelo», «dà testimonianza di come sia bello e lieto essere dentro una comunità, costruire e gioire della fraternità», «accoglie la rivelazione di Gesù e si sente dire: queste cose ti ho detto perché la mia gioia sia in te e la tua gioia sia piena».
Al termine della Messa il pranzo comunitario presso il Centro di spiritualità.
Riprese di Fabio Bassi
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